Il dolore cronico è una complessa esperienza soggettiva sensoriale ed emozionale, influenzata da una varietà di stimoli, anche non dolorifici, che vengono sollecitati dalla stimolazione di stati negativi. La presenza di dolore cronico può modificare il modo in cui un individuo processa le informazioni, e non solo quelle correlate al dolore. Il dolore infatti può portare ad una focalizzazione eccessiva su qualsiasi segnale corporeo. Da un punto di vista psicofisiologico sappiamo che uno stimolo periferico scatena impulsi che dalla periferia raggiungono il Sistema Nervoso Centrale, ove si integrano con il vissuto soggettivo della persona e il suo stato d’animo. Tale incremento di stimoli nocivi dalla periferia può, nel tempo, avere come conseguenza cambiamenti neuroplastici ed una iper-regolazione del corno spinale dorsale, causando cambiamenti nella memoria e nell’apprendimento.
Convinzioni, valutazioni e aspettative personali riguardo le conseguenze di un evento e la capacità di far fronte ad esso influenzano la dinamica psicofisiologica in modo diretto, in quanto modulano l’umore, e in modo indiretto in quanto incidono sugli sforzi che la persona compie per fronteggiare la situazione.
Il comportamento da dolore, in particolare, sembra modellato e mantenuto da rinforzi come l’attenzione e la comprensione degli altri. L’assunzione del ruolo di malato e lamentarsi per il dolore sono modi di fronteggiare lo stress e di ricercare l’attenzione e l’aiuto altrui, e spesso accade che le persone utilizzino inconsapevolmente il dolore per un tale fine.
Il dolore cronico può avere un impatto significativo su molti aspetti della vita della persona interferendo con la funzione sessuale, nella vita relazionale, nella percezione dei problemi, producendo frequentemente sentimenti di tristezza, depressione, ansia, ipervigilanza e comportamenti difensivi rispetto al bisogno di mantenere il controllo nelle situazioni. Ma possono essere presenti anche rabbia, ostilità, aggressività, negazione o soppressione delle emozioni. Queste dimensioni sono strettamente collegate con lo stile di espressione delle proprie emozioni che può influenzare il dolore. La rabbia e le sue diverse manifestazioni è un’emozione che riveste un ruolo importante nel dolore cronico. In generale, le persone con dolore cronico tendono a negare, a reprimere la loro ostilità e questo, da un punto di vista psicofisiologico, si trasforma in aumento della tensione muscolare che non viene rilasciata, che può portare allo sviluppo di un dolore fisico.
Si riscontra un’interrelazione tra dolore e depressione:
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Il dolore come causa delle depressione (depressione secondaria): in questo caso la depressione è una reazione al dolore; il dolore attiverebbe una vulnerabilità alla depressione che consiste in schemi negativi e nella triade cognitiva, ossia pensieri negativi su se stessi, il mondo e il futuro.
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La depressione come fattore di rischio per il dolore (depressione primaria): la depressione aumenta la sensibilità al dolore e abbassa la soglia di tolleranza ad esso.
Per quello che riguarda l’ansia, essa si manifesta attraverso la presenza di tre categorie di sintomi strettamente connessi:
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Disturbi psicofisiologici su base neurovegetativa (tachicardia, disturbi nella respirazione).
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Disturbi psichici, come sensazione di pericolo, preoccupazione, sintomi fobici, scarso senso di efficacia.
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Disturbi comportamentali, come irrequietezza motoria, irritabilità, disturbi del sonno e dell’alimentazione.
Può innescarsi un circolo vizioso “dolore-ansia-tensione-aggravamento del dolore”, ma anche l’aspettativa del dolore può influenzare la percezione del dolore nel momento in cui esso si verifica. Il collegamento tra ansia e dolore è costituito dal sistema nervoso simpatico, la cui stimolazione abbassa la soglia del dolore e aumenta l’attività spontanea dei nocicettori.
TRATTAMENTO MULTIDIMENSIONALE DEL DOLORE
Per comprendere meglio e trattare il dolore è necessario considerare il ruolo rivestito dai pensieri, dalle emozioni e dal comportamento, e il loro effetto sulla formazione, sulla percezione e sul mantenimento delle percezioni dolorifiche. Per questo un approccio che integri fisiologia e psicologia si rivela certamente più efficace e completo.
Un trattamento integrato del dolore si rivolge a:
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l’aspettativa del dolore
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la memoria del dolore
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le dimensioni emotive, cognitive e comportamentali del dolore
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il controllo del dolore
L’aspettativa del dolore può essere modificata, ad esempio, attraverso l’utilizzo di approcci di desensibilizzazione poiché il circolo vizioso esistente tra dolore da un lato, e paura ed ansia dall’altro, può essere indebolito o interrotto attraverso lo smorzamento della risonanza affettiva, attenuando sia la sensazione di dolore che il fenomeno collaterale dell’ansia.
La memoria corporea del dolore può essere modificata attraverso l’utilizzo dell’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), tecnica molto efficace anche per intervenire sull’eventuale trauma o evento stressante collegato ad esso.
Le dimensioni emotive, cognitive e comportamentali del dolore possono essere affrontate utilizzando la desensibilizzazione e la psicoterapia.
Il controllo del dolore può essere tipicamente trattato con tecniche di rilassamento.
CONCLUSIONI
Le donne affette da endometriosi o da dolore pelvico cronico convivono con il dolore, e questa dimensione condiziona fortemente la qualità della loro vita personale, affettiva, sociale, lavorativa.
Sono donne che hanno una grande probabilità di sviluppare disagi legati alla sfera psichica (ansia, depressione, senso di disistima, fobie…), sessuale (dispareunia, vulvodinia, vaginismo, disturbi del desiderio sessuale…), conseguentemente di coppia. La loro patologia è inoltre fortemente correlata all’infertilità e alla sterilità, e questo causa profondi turbamenti e angosce, individuali (con senso di disistima, senso di colpa, rabbia..) e nella relazione con il partner.
Le donne con endometriosi e con dolore pelvico cronico possono dunque essere considerate una popolazione vulnerabile allo sviluppo di psicopatologie collegate alla loro condizione fisica. Per questo un approccio multidisciplinare e integrato è la modalità di intervento certamente più efficace.
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